La Schema Terapy nasce come importante integrazione della terapia cognitivo comportamentale negli anni 1990-1999 per opera di Jeffrey Young e dai suoi colleghi ricercatori. L’approccio ha acquisito negli ultimi tempi fama e applicazione sempre crescente grazie alla sua capacità di trattare pazienti con disturbi d’ansia e d’alimentazione, depressione, e patologie legate alla personalità. L’obiettivo iniziale della Schema Therapy, dunque, riguarda la creazione di un quadro di comprensione di sintomi prepotentemente radicati in soggetti con difficoltà relazionali croniche, i quali non sono in grado di ottenere nessun beneficio utile dalla terapia cognitivo-comportamentale standard. Recuperando concetti cardini appartenenti a quest’ultimo approccio, Jeffrey Young costruisce un quadro di riferimento che tiene conto in maniera generale di differenti problematiche, tutte inscindibilmente legate a contaminazioni teoriche che provengono da punti di vista gestaltici, psico-dinamici, esperienziali e interpersonali.
Partendo da una necessità squisitamente clinica, il ricercatore statunitense - aiutato dalla sua squadra di ricerca - ha rivalutato, quindi, l’importanza di componenti teoriche appartenenti ad indirizzi di pensiero lontani e spesso in competizione fra loro. Il risultato consente di poter contare su un modello sviluppato "a misura di paziente", con il solo obiettivo di perseguire la missione terapeutica primaria: il benessere del soggetto.
In questo articolo, quindi, abbiamo deciso di aprire una breve panoramica introduttiva in merito alle più interessanti implicazioni che derivano dalla Schema Therapy, ripercorrendo il suo sviluppo e i suoi elementi principi, fino ad arrivare alla chiarificazione dell’approccio teorico e pratico con cui operano i professionisti del settore che ne hanno sposato l'indirizzo clinico. In linea generale, è possibile definire la ST come un approccio completo e mirato, in cui il paziente diventa il vero obiettivo di ogni azione terapeutica.
In virtù di tale concezione olistica dell’essere umano, il modello psicologico proposto da Jeffrey Young mira a mettere in luce le modalità disfunzionali che appartengono ad ogni soggetto, allo scopo di analizzarne le origini nell’infanzia, di riconoscerne le implicazioni presenti e di trovare modalità comportamentali differenti per il futuro.
Dopo essersi dimostrata particolarmente utile nel trattamento di pazienti difficili da gestire con altre metodologie cliniche, la Schema Therapy si è fatta conoscere per la sua efficacia e per l’immagine totalizzante – sia internalista che esternalista – con cui mira a studiare il soggetto in cura. Di conseguenza, da iniziale completamento della terapia cognitivo-comportamentale, la ST è diventata nel tempo una forma terapica sui generis, pensata in maniera esclusiva per una vasta gamma di disturbi – prevalentemente inerenti alla personalità – inaccessibili in altro modo.
Così come viene evocato dal nome stesso, l’approccio scientifico in questione cerca di cogliere le tematiche che si nascondono dietro ai sintomi, i cosiddetti "schemi". Arriviamo così al primo punto di contatto con la teoria psicodinamica, e in particolar modo con l‘idea principe freudiana secondo cui i sintomi non sarebbero altro che "formazioni di compromesso", materiale che nasconde emozioni, pensieri e ricordi di natura spiacevole. Anche nella Schema Therapy l’accento viene posto sul mondo interiore del soggetto, inteso come essere caratterizzato da un vasto bagaglio personale ricco di bisogni universali (fra i quali ricordiamo la libertà, l’autonomia, la spontaneità-gioco e il contenimento) che molto spesso vengono frustrati nel periodo infantile da uno scontro con la realtà e con le dinamiche proprie del mondo esterno.
Jeffrey Young e i ricercatori a lui vicini, dunque, ipotizzarono che tali schemi fossero in qualche modo incasellati nel background di ogni paziente, sempre pronti ad essere richiamati alla memoria in virtù delle impressioni dolorose e spiacevoli di cui si fanno spesso promotori. Gli elementi disfunzionali di tale stato di cose, dunque, sarebbero il primo passo per regredire e lasciare l’individuo in una condizione di sofferenza confusionale, tale da impedire il corretto esercizio delle proprie funzioni cognitive e personologiche. Appare chiaro, quindi, che tale approccio si caratterizza per essere una sorta di "archeologia dell’uomo" pensata appositamente per scoprire e comprendere i vari stili di coping (per esempio quello di resa, evitamento, ipercompensazione ecc..) che vengono impiegati per fronteggiare ed evitare le emozioni intense di carattere spiacevole. Queste ultime sono sviluppate in virtù del contatto con dati episodi della realtà, che richiamano alla memoria elementi appartenenti al mondo infantile e alla frustrazione che in quel periodo venne vissuta dal paziente.
Come abbiamo già avuto modo di anticipare, il modello della Schema Therapy si basa sull'assunto teorico inerente al sistema maladattivo precoce, ossia un insieme di ricordi, emozioni, cognizioni e sensazioni a carattere altamente spiacevole che riguardano sia il soggetto stesso che gli altri; esse prendono avvio dalle proprie concezioni infantili e si estendono ad ogni ambito della vita adulta, rendendo impossibile la creazione di legami umani stabili sia con il porprio Sè che con l'Altro. Così come nella terapia gestaltica, dunque, i comportamenti disfunzionali che portano l’individuo ad un alto grado di sofferenza e confusione personologica sono una risposta alo schema: il sintomo è guidato dal modello di riferimento.
Ma da cosa dipendono tali schemi e come è possibile scoprirne le origini durante il periodo di cura? Secondo Jeffrey Young essi sono dipendenti dagli unmet core emotional needs, ovvero i bisogni universali che abbiamo già citato brevemente nel paragrafo precedente.
In maniera più estesa è possibile riassumerli in:
Di conseguenza, qualora i bisogni fondamentali di un individuo non siano in grado di trovare una dovuta soddisfazione nell’ambiente di crescita infantile, si è portati a sperimentare una frustrazione e una forma di limitazione radicale in grado di sviluppare una visione negativa del proprio Sè e del mondo esterno. In tale ottica teorica, dunque, appare chiaro come l’influenza genitoriale sia un punto di partenza di cui analizzare l’esperienza soggettiva che funge da background del paziente; l’obiettivo terapeutico dell’approccio della Schema Therapy, quindi, si concretizza nei termini di una limited reparenting, ovvero di una forma di modificazione dei pattern comportamentali che hanno portato alle disfunzioni personali dell’individuo.
In altre parole, la ST opera in virtù della funzione terapeutica che viene veicolata in cura: lo scopo è quello di rendere consapevole il soggetto dell’esistenza e della presenza di tali schemi, così da trovare strategie relazionali che siano in grado di soddisfare in maniera più efficace i suoi bisogni e i suoi legami interpersonali con il mondo esterno.
In conclusione, è possibile riassumere i concetti fondamentali della Schema Therapy in quattro pilastri fondativi, i quali rappresentano i capisaldi su cui poggia la "visione" terapeutica alla base degli studi di Jeffrey Young:
L’efficacia dell’approccio della Schema Therapy, quindi, è risultato sicuramente positivo in una serie di situazioni in cui le difficoltà dei soggetti in cura impedivano il corretto svolgimento di forme terapeutiche "semplici", come nel caso del già ricordato cognitivismo. Il miglioramento sintomatologico è diventato un punto di partenza da cui aprire nuove forme di comprensione dei disturbi della personalità, in particolare del disturbo Borderline, inaccessibile tramite la maggior parte degli indirizzi psico-dinamici.
Recenti applicazioni della Schema Therapy, inoltre, si sono risolte in interessanti miglioramenti su pazienti affetti da disturbi di ansia cronica e di umore. Tali risultati sono un interessante assunto scientifico da cui valutare un’efficacia terapeutica a lungo termine che tenga conto di una serie molto ampia di disfunzioni personologiche e caratteriali, le quali possono essere indagate e massimizzate proprio dai professionisti che hanno abbracciato tale indirizzo di ricerca clinica.
È importante sottolineare, inoltre, come i miglioramenti riportati nelle più recenti pubblicazioni accademiche sull’argomento riguardino non soltanto la modificazione di forme sintomatiche che impedivano un corretto svolgimento delle sedute di cura, ma anche la qualità generale della vita dei pazienti. La fase di ricostruzione del reale che passa obbligatoriamente attraverso il percorso ordinato e altamente testato della Schema Therapy, dunque, è il primo passo per apportare risultati concreti – senza necessità di follow-up – ad una serie di soggetti altrimenti impediti nelle fasi terapeutiche solitamente basate sulla comunicazione e sulla valutazione dei disturbi.
Per concludere la nostra breve panoramica informativa in merito alla Schema Therapy - e alla sua applicabilità ad una vasta gamma di casi - è bene chiarire il ruolo che in essa assume la figura del terapeuta. Egli diviene per il soggetto in cura una fonte di comunicazione e di scambio altamente emotiva, in grado di catalizzare le esperienze negative e positive del paziente; molte sono le tecniche testate negli anni al fine di agevolare la produzione di materiale utile al progredire delle sedute. Fra le tante, ricordiamo le metodologie immaginative – l’imagery rescripting – in cui la situazione infantile viene rielaborata in virtù della presenza di una nuova figura "genitoriale" di supporto: il terapeuta. Costui è quindi una persona vera, emotivamente implicata e pronta a creare una sorta di contenitore in grado di isolare le paure e i timori del soggetto.
La relazione paziente-terapeuta nella Schema Therapy, quindi, è frutto di una rivoluzione radicale dei bisogni primari di cui l'essere umano è rimasto vittima nelle primissime fasi della sua vita. L’empatia, il confronto, la comunicazione e la presenza di calore e affetto che vengono trasmessi in ambito clinico, dunque, sono gli elementi con cui il professionista riesce ad accedere al mondo speso confusionario e sofferente dell'individuo che gli siede di fronte, l'unico mezzo per comprenderlo e modificarlo dall'interno.
Dr.ssa Paola Maggi
Psicologo Psicotereapeuta Pavia
Dott.ssa Paola Maggi - Psicologa Psicoterapeuta Pavia
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